Pre-adolescenti e allenamento con sovraccarichi

Il periodo della pre-adolescenza comprende la fascia d’età che va dai 6 agli 11 anni nel genere femminile e tra i 6 e i 13 anni nel genere maschile ed è quel lasso temporale che precede lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari, caratteristico della pubertà.

Abbiamo già parlato delle motivazioni per cui risulta essere fondamentale promuovere e incoraggiare alla pratica dell’esercizio fisico nei più giovani, in questo articolo:

In questo articolo, invece, ci soffermeremo in maniera più approfondita sulle linee guida per il fitness dei più giovani con particolare accento sull’allenamento con sovraccarichi in questa fase delicata della vita.

Il primo importante aspetto da sottolineare è che non bisogna trattare i bambini come se fossero dei piccoli adulti, perché sarebbe veramente inopportuno e controproducente imporre degli schemi di allenamento tipicamente usati in età più avanzata.

L’allenamento con sovraccarichi nei più giovani è ancora oggi demonizzato nella maggior parte degli ambienti, poiché si vive ancora nella convinzione che questa tipologia di stimoli possa andare a ledere allo sviluppo del bambino:

  • danneggiando il piatto epifisario;
  • impedendo la crescita staturale.

In realtà, nell’ultimo decennio gli studi scientifici e le applicazioni sul campo hanno indicato che l’allenamento con sovraccarichi nelle pre-adolescenza può essere un metodo di condizionamento sicuro, utile ed efficiente, se vengono seguite le linee guida appropriate. In nessuno studio condotto da personale altamente qualificato è stato riscontrata una diminuzione della statura o una rottura del piatto epifisario.

Da alcuni studi condotti in 8-12 settimane, è emerso che gli stimoli indotti dall’utilizzo dei sovraccarichi nell’allenamento dei pre-adolescenti promuovono l’aumento della loro forza muscolare scheletrica in una percentuale pari al30-40% in più. Questi risultati sono stati possibili attraverso diverse combinazioni in termini di serie, ripetizioni e metodiche di lavoro, utilizzando sia macchinari a misura di bambino, che pesi liberi, o semplicemente a carico naturale.

Un aspetto di cui tener conto:

la produzione di androgeni in questa fase della vita è insufficiente, ragion per cui non si può puntare su un aumento dell’ipertrofia, ma bisogna piuttosto lavorare sulla componente neurale per promuovere tutti gli adattamenti necessari a un incremento della forza. Ad incidere, sono anche gli adattamenti muscolari di tipo intrinseco ( composizione delle fibre, accoppiamento eccitazione-contrazione, densità di impacchettamento miofibrillare), sviluppo della coordinazione tra i vari gruppi muscolari, della flessibilità e un aumento della performance delle capacità motorie.

Quali sono i benefici più importanti che derivano da un buon allenamento con sovraccarichi nei più giovani:

  • diminuzione del livello di grassi nel sangue;
  • miglioramento dell’efficienza dell’apparato cardiorespiratorio;
  • aumenta la densità minerale ossea;
  • miglioramento della composizione corporea;
  • possibilità di sviluppare capacità di performance motoria (velocità…);
  • ridurre la possibilità di andare incontro a infortuni correlati allo sport.

Come detto, non esiste un’età minima per sottoporsi a protocolli di allenamento con sovraccarichi, ma è necessario lo sviluppo della maturità emotiva, per poter accettare di seguire le direttive e comprendere a pieno i benefici e i rischi.

Trattandosi di un gruppo di popolazione definita come ”speciale” è ancor più importante che il livello sia adeguato alle abilità fisiche di ogni bambino. Bisogna assolutamente adattare il volume di lavoro, l’intensità e i tempi di recupero, perché se si va oltre la soglia del bambino, sovrastimandole si rischia sia l’infortunio che l’abbandono. E’ sempre meglio sottostimare le abilità che sovrastarle.

Come inizio andrebbe bene assegnare un peso che permette al bambino di arrivare tranquillamente a 15 ripetizioni. E’ una buona base da cui partire.

Quando si lavora in un gruppo di bambini è bene richiedere di fare del loro meglio, senza assegnare un numero di ripetizioni prestabilito ed è necessario fin da subito sottolineare l’importanza della forma e tecnica esecutiva piuttosto che il sollevare più peso possibile.

Ricordiamo anche che ci troviamo in una fascia d’età in cui non devono esserci imposizioni. Il divertimento viene prima di ogni cosa, perché aiuta a promuovere un’attitudine più positiva e un’adesione a più lungo termine.

Donne in gravidanza e allenamento: consigli utili

Questo articolo ha lo scopo ultimo di fornire delle valide ed essenziali indicazioni generali per l’allenamento della donna in gravidanza, sia per migliorare la resistenza aerobica e promuovere, pertanto, una maggiore efficienza cardiovascolare, che attraverso delle sedute di allenamento con sovraccarichi per promuovere una migliore condizione muscolo-scheletrica.

Come ben sappiamo, la donna in dolce attesa fa parte di uno dei gruppi di individui che possiamo definire come ”popolazione speciale” e necessita di particolari raccomandazioni nei programmi di esercizio fisico, se si vogliono evitare infortuni e episodi spiacevoli.

Le ragioni che spingono una donna in gravidanza a intraprendere un percorso di allenamento personalizzato sono molteplici:

  • Desiderio di mantenersi in forma legato a delle insicurezze sulla propria condizione estetica;
  • Desiderio di avere la forza necessaria per sostenere il travaglio;
  • Desiderio di tutelare la salute del futuro nascituro;
  • Necessità di sviluppare relazioni sociali che possano esserle di sostegno psicologico durante il periodo gestazionale;
  • Altro.

Dobbiamo necessariamente fare una prima distinzione tra donne che sono sempre state attive in percorsi di allenamento anche prima della gravidanza e donne che, invece, hanno sempre condotto uno stile di vita prevalentemente sedentario:

  • Le donne attive possono continuare tranquillamente a seguire protocolli di allenamento, con qualche piccola modifica, sia di resistenza che di tipo muscolare e manterranno tranquillamente una buona efficienza cardiovascolare e muscolo-scheletrica;
  • Le donne sedentarie, invece, anche se possono sempre beneficiare di sedute di allenamento nel corso della loro gestazione, necessitano di una particolare attenzione, di un sostegno aggiuntivo da parte del trainer.

Il consiglio è sempre quello di consultare il proprio medico prima di iniziare un’esperienza allenante, perché sarà sulle indicazioni mediche che si baserà poi l’intervento del chinesiologo clinico o meglio detto laureato magistrale in scienze motorie preventive e adattate. Durante la gravidanza potrebbero anche presentarsi delle complicanze ginecologiche e, quindi, la comunicazione tra ginecologo e chinesiologo è sempre fondamentale per assicurare il meglio alla paziente e al futuro nascituro.

Perché è necessario adattare gli esercizi proposti nell’unità di allenamento, alla condizione della donna gravida?

I motivi sono essenzialmente i seguenti:

  • Evitare che non arrivi abbastanza ossigeno al feto;
  • Evitare che non arrivino abbastanza substrati energetici al feto;
  • Evitare che il feto vada incontro al distress dovuto a ipertermia;
  • Contrazioni uterine in aumento.

A parte in casi di gravidanze delicate, seguire un programma di allenamento con i dovuti accorgimenti protegge da questi tipi di rischi, l’importante è affidarsi sempre a un personale qualificato.

Detto questo, è fondamentale che la donna pratichi esercizio fisico durante la gravidanza, per via dei numerosi benefici che ne derivano. Elenchiamone alcuni:

  • Migliora la condizione muscolare;
  • Migliora l’efficienza cardiovascolare;
  • Favorisce una fase di travaglio molto più breve e meno dolorosa;
  • Aumenta il benessere psicologico, oltre che fisico, riducendo i livelli di ansia, stress e depressione;
  • Più veloce ed efficiente ripresa della forma fisica e prestazionale post parto;
  • Riduce la necessità di interventi ostetrici;
  • Riduce il mal di schiena;
  • Si evita di prendere eccessivo peso in eccesso;
  • Protegge dal diabete gestazionale favorendo una regolare secrezione dell’insulina e della sua sensibilità, oltre che migliorare la tolleranza al glucosio;
  • Altro…

Come si può constatare, i benefici sono molteplici ed è per questo che è sempre un bene avere uno stile di vita attivo.

Che tipo di esercizio è maggiormente consigliato durante la gravidanza?

Le donne senza complicazioni ostetriche e mediche possono tranquillamente praticare esercizio fisico durante la gravidanza. Sono consigliate attività di tipo moderato, perché è stato constatato che le donne che hanno praticato esercizio vigoroso per l’intera durata della gravidanza hanno dato alla luce un neonato con un peso ridotto di almeno 300 grammi in meno e scarse percentuali di tessuto adiposo.

Quali sono le principali indicazioni da seguire?

  • Praticare almeno 30 minuti di esercizio a intensità moderata tutti i giorni della settimana o quasi;
  • L’esercizio fisico deve necessariamente interrompersi nel momento in cui subentra la stanchezza. Non bisogna mai arrivare stremati al termine della seduta;
  • Idratarsi in maniera adeguata, prima, dopo e durante la seduta di allenamento per evitare episodi di ipertermia;
  • Indossare abbigliamento adeguato;
  • Allenarsi in condizioni metereologiche/ambienti favorevoli;
  • Evitare esercizi svolti in posizione supina dopo i primi 3 mesi di gravidanza;
  • Evitare esercizi che presentano rischi di trauma addominale dopo il primo trimestre;
  • Evitare esercizi in cui è facile perdere l’equilibrio dopo il primo trimestre;
  • Non allenarsi in caso di febbre;
  • Altro…

Ricorda: la tua salute viene prima di ogni cosa, pertanto, rivolgiti sempre a un personale competente prima di intraprendere qualsiasi tipo di percorso, soprattutto se fai parte di questa popolazione ”speciale”.

Importanza dell’esercizio fisico nell’anziano sarcopenico.

L’invecchiamento è un processo fisiologico durante il quale si verifica un graduale decadimento delle funzionalità dei nostri organi, apparati e dell’intero organismo, comportando l’insorgenza di molteplici patologie che vanno ad incidere negativamente sulla qualità della vita, con conseguente perdita dell’autonomia personale.

Tra gli apparati su cui possiamo intervenire maggiormente per rallentare lo sviluppo delle problematiche caratteristiche della terza età possiamo citare quello muscolo scheletrico, il quale va particolarmente incontro a dei cambiamenti della composizione corporea, indotti dalla sarcopenia.

Per sarcopenia intende la riduzione della massa del muscolo scheletrico, che a livello istologico e biologico si traduce nella riduzione del numero di fibre muscolari essenzialmente di tipo II e un aumento della percentuale di fibre atrofiche restanti. La sarcopenia è la conseguenza di processi multifattoriali, che riducono la capacità di rigenerazione delle fibre muscolari danneggiate.

Nel 2010, l’EWGSOP ha stabilito delle linee guida diagnostiche specifiche, basandosi sulla riduzione di tre componenti principali: massa muscolare, forza muscolare e performance fisica.

La ‘’pre-sarcopenia”, cioè la ridotta massa muscolare scheletrica, quando è abbinata ad una riduzione di almeno una delle altre due componenti determina la condizione definita “sarcopenia”; la concomitante riduzione di massa, forza e performance muscolare invece definisce la “sarcopenia severa”; successivamente, l’IWGS ha integrato la definizione di sarcopenia focalizzandosi sull’impatto negativo del tessuto adiposo sulla massa e la funzione muscolare (obesità sarcopenica).

La sarcopenia resta comunque un normale processo fisiologico legato al tempo e pertanto non si può in ogni caso pensare di arrestarla in maniera definitiva, attraverso la pratica dell’attività fisica. Ciononostante, la scarsità di movimento tipica di uno stile di vita sedentario e, soprattutto, l’assenza di carichi di forza sul muscolo ne accelerano la progressione, poiché l’inattività aumenta il catabolismo proteico, riduce la capacità di reclutamento muscolare e facilita i fenomeni di denervazione.

L’attività fisica praticata in passato (soprattutto con carichi di forza/potenza) costituisce un fattore di protezione contro la sarcopenia, rallentandone l’insorgenza e l’evoluzione, specie se accompagnata da un’adeguata nutrizione.

L’essere umano è nato per muoversi, pertanto, è bene promuovere dei programmi di esercizio fisico adattato per prevenire la sarcopenia, contrastando la perdita di massa magra e di forza. In questo modo si otterrà il miglioramento della qualità della vita del paziente.

Prima di addentrarci nei protocolli di esercizio fisico è importante descrivere la fisiologia alterata tipica del muscolo sarcopenico: una delle più importanti cause endogene della sarcopenia è correlata alla perdita della stimolazione indotta dai motoneuroni Alfa sul muscolo, per via di un decremento negli anziani del numero delle unità motorie e funzionali le placche motrici presentano un ridotto numero di pliche subpsinaptiche e un ispessimento delle unità rimanenti. La modifica dell’unità motoria sembra essere causata dalla denervazione selettiva delle fibre muscolari, in particolare, quelle di tipo IIb seguite da reinnervazione con rami assonali di unità motorie vicine. Questo processo porta ad una perdita di fibre e unità motorie e funzionali con riduzione netta di fibre di tipoII rispetto al tipoI.

Altre alterazioni neurologiche legate alla sarcopenia sono: riduzione dei terminali nervosi; frammentazione della giunzione neuromuscolare; riduzione del rilascio del neurotrasmettitore e diminuzione del numero di recettori per l’acetilcolina.

Oltre a ciò, abbiamo anche il declino della sintesi rilascio a livelli sierici degli ormoni anabolizzanti quali GH, steroidi sessuali; alterazione del metabolismo proteico (captazione e utilizzo di aminoacidi); diminuzione delle BMPS; diminuzione irisina; aumento di miostatina, IL6 E IL7.

L’esercizio fisico, soprattutto nella terza età, deve essere ben calibrato, perché se viene effettuato oltre le capacità possibilità del soggetto in questione può portare a delle conseguenze svantaggiose che incidono ancor più negativamente sulla qualità dei tessuti. Questo perché a livello del microambiente si crea un aumento dello stress ossidativo con aumento dei radicali liberi e conseguente morte delle fibre muscolari per apoptosi o per necrosi. La formazione dei ROS è normale e si risolve tramite una condizione di equilibrio tra ROS e agenti detossificanti. Se ciò non si verifica, si va incontro alla morte delle miofibre. Nell’anziano ciò è ancor più spiccato e contribuisce al declino muscolare.

L’allenamento fisico, se ripetuto nel tempo, aumenta stimolando il pathway m’Tor una produzione continua di proteine e un aumento del turnover del tessuto muscolare, cosa che risulta interrotta nei sedentari (PLASTICITA’ MINORE). Ad attivare questo meccanismo interviene l’IGF1, che viene secreto in circolo da parte del fegato almeno nelle prime fasi dell’esercizio; Catecolamine e carico meccanico attivano in maniera AKT-dipendente m’Tor, che avvia la sintesi proteica + vie del calcio dipendenti + NFAT per switch fibre.

Infatti, c’è una differenza sostanziale tra l’anziano attivo e l’anziano sedentario, perché rispetto ai loro omologhi sedentari gli anziani fisicamente attivi sviluppano maggiore forza isometrica muscolare e presentano pertanto una morfologia muscolare conservata e una migliore mobilità. Anziani sedentari =denervazione ; Anziani attivi = reinnervazione fibre e conservazione funzione muscolare.

Come si diagnostica la sarcopenia?

  • Massa muscolare: TC, RM, DEXA, BIA;
  • Riduzione forza: HANDGRIP CON DINAMOMETRO;
  • Performance fisica: VELOCITA’ CAMMINO;
  • BATTERIA TEST SPPB: EQUILIBRIO STATICO; VELOCITA’ CAMMINO; SIT TO STAND.

Tra i principali effetti dei training di forza nei soggetti senior abbiamo lo sviluppo della forza e l’aumento della massa muscolare scheletrica, il che va a ritardare lo sviluppo della sarcopenia a cui si va inevitabilmente incontro con l’avanzare dell’età.

L’allenamento di forza è anche positivo nel contrastare le conseguenze patologiche che incidono soprattutto a livello metabolico, cardiovascolare, osseo e favoriscono la riduzione del grasso viscerale, ma non si riducono a questo. la quasi totalità degli autori consultati continua a sottolineare il forte legame tra il mantenimento dei livelli di forza muscolare con prolungamento dell’autonomia e la riduzione del rischio di disabilità. La capacità di forza assume maggiore importanza riguardo il prolungamento dell’autonomia del senior e la conservazione dei suoi livelli di mobilità; limitandoci ai rapporti tra le capacità di esprimere contrazioni di tipo rapido e le performance di equilibrio, tali rapporti funzionali evidenziano la correlazione stretta tra la capacità di esprimere rapide contrazioni con carichi pari al 40% 1RM e le prestazioni di equilibrio, anche in soggetti senior istituzionalizzati. Da quanto si conosce in termini di allenabilità del sistema neuromuscolare, alcuni autori di importanti review sul tema, asseriscono con decisione come vi sia nel senior la medesima capacità di adattamento ai carichi di forza di un soggetto giovane, in termini di modificazione del livello iniziale di forza a seguito di un training specifico: si è constatato infatti come l’allenamento della forza in individui over 60, sia in grado di aumentarla con conseguente aumento della massa muscolare e del reclutamento di unità motorie; la massa muscolare può essere incrementata attraverso training di forza a condizione che esso presenti un’intensità pari al 60% fino all’85% di 1RM e che sia condotto per un periodo minimo di 6-9 settimane.

I vantaggi ottenuti attraverso il training di forza sono individuabili sia nella capacità di prolungare la massima distanza coperta col cammino, sia nella riduzione del tempo necessario a passare dalla stazione seduta a quella eretta, sia una maggiore e migliore mobilità generica individuale; vi sarebbe anche una concreta ed evidente risposta ipertrofica nell’ordine di circa il 10% sia per le fibre di tipo I che per quelle di tipo II. La grande utilità delle esercitazioni di forza nell’età adulta avanzata non si limita soltanto ai senior attivi o indipendenti: da tempo si conoscono i potenziali miglioramenti nelle prestazioni ottenibili sui senior affidati a strutture sanitarie residenziali a causa di loro limitazioni funzionali, e della relativa indipendenza che hanno ottenuto con i training di forza si sono dimostrati in miglioramento nelle prestazioni in popolazioni speciali di senior, come ad esempio i post-stroke, che hanno seguito training di forza

L’allenamento di forza è l’unico in grado di contrastare efficacemente la perdita di massa muscolare, agendo in particolare sulle fibre muscolari di tipo II e producendo risposte anaboliche di adattamento non ottenibili con gli allenamenti aerobici. Questi ultimi, infatti, non sono in grado di indurre ipertrofia, aumentare la forza e la potenza di contrazione, come è in grado di fare l’allenamento anaerobico. Quest’ultimo è anche in grado di stimolare la capacità neuro-motoria specifica di reclutamento delle fibre muscolari di tipo II consentendo sia un miglioramento dell’output muscolare di forza, sia d’intervenire positivamente nel rallentare i fenomeni di denervazione già descritti 56.

Si possono somministrare allenamenti di forza nei soggetti anziani, senza che questi possano incorrere in alcun pericolo, attraverso una adeguata programmazione. A questo proposito, è stato dimostrato che attraverso stimoli di appropriata intensità si possono produrre guadagni di massa muscolare e di forza comparabili con quelli ottenibili negli individui più giovani.

Abdominal crunch inverso: spiegazione + video dimostrativo.

L’abdominal crunch inverso è un esercizio che coinvolge la muscolatura addominale.

Il compito di questo gesto motorio prevede un rotolamento sul dorso con l’intento di avvicinare le ginocchia verso il capo.

Elenchiamo più nel dettaglio la muscolatura coinvolta:

Come eseguirlo correttamente (vedi anche il video):

  • Posizione di partenza sdraiato supino con le gambe flesse sulle cosce e queste a loro volta flesse sul bacino, che risulta in retroversione con conseguente accorciamento e stato di tensione nel retto addominale;
  • Il compito di questo gesto motorio prevede un rotolamento sul dorso con l’intento di avvicinare le ginocchia verso il capo.

Questa modalità di crunch ci permette di favorire l’esecuzione senza la contrazione del retto femorale.

In questa modalità si riduce anche l’intervento dell’ileo-psoas, con una buona escursione del movimento e mobilizzazione della colonna vertebrale.

A questo proposito, l’esercizio può costituire dei limiti a chi non possiede una buona facilità di movimento.

Abdominal Crunch: spiegazione + video dimostrativo

L’abdominal crunch è un gesto motorio che permette di sollecitare la muscolatura dell’addome.

Elenchiamo più nel dettaglio la muscolatura maggiormente coinvolta:

  • Retto dell’addome;
  • Trasverso;
  • Obliqui;
  • Ileo-psoas.

Come eseguirlo correttamente (vedi anche il video):

  • La posizione di partenza prevede un decubito supino al suolo, possibilmente su un tappetino apposito per gli allenamenti; gli arti inferiori flessi con la possibilità di tenere i piedi in appoggio al suolo, oppure sollevati; il capo in appoggio sui palmi delle mani.
  • Da questa posizione, eseguire una flessione della colonna vertebrale in modo da sollevare il dorso dalla superficie di appoggio. La zona lombare mantiene il contatto con il suolo durante tutta la durata dell’esercizio; la distanza tra mento e lo sterno deve rimanere il più possibile costante.
  • Il ROM del movimento dev’essere contenuto, poiché sollevando eccessivamente il dorso si rischia di flettere l’anca trasformando il crunch in un sit up.

L’abdominal crunch ha lo scopo di coniugare un buon controllo del movimento, la riduzione dell’intervento di altri gruppi muscolari non facenti parte dell’addome e nasce anche con l’idea che possano essere sollecitate diverse porzioni dei muscoli addominali a seconda degli accorgimenti messi in atto.

Infatti, questo esercizio può essere eseguito in 2 differenti modalità:

  • Con i piedi in appoggio al suolo: oltre al retto dell’addome interviene anche il muscolo ileo-psoas;
  • Con i piedi sollevati dal suolo: l’ileo-psoas non interviene e ci si focalizza maggiormente sul retto dell’addome, gli obliqui e il trasverso.

La respirazione è fondamentale durante l’esecuzione dell’esercizio: è importante inspirare durante la fase concentrica ed espirare in quella eccentrica.

Piccola sfida della settimana:

Se sei alle prime armi, ti consiglio di inserire al termine delle tue sedute di allenamento un set caratterizzato dalla presenza di questo esercizio. Per esempio, potresti fare:

Abdominal crunch x 15 ripetizioni x 4 serie.

Buon allenamento!

Stretching o Riscaldamento: da cosa è meglio iniziare?

Prima della fase centrale, che rappresenta il cuore della nostra seduta di allenamento, è importante iniziare con lo stretching o con il riscaldamento?

I dubbi tra gli atleti agonisti o, semplicemente, tra le persone che si allenano allo scopo ultimo di stare bene, sono ancora tanti: c’è chi preferisce iniziare la seduta di lavoro con lo stretching e chi con il riscaldamento, ma c’è anche chi afferma che la scelta dipende dal tipo di attività che si andrà a fare dopo.

La scienza, invece, ha le idee molto chiare a riguardo, dichiarando che il riscaldamento deve sempre precedere lo stretching e mai il contrario. Un riscaldamento se strutturato con razionalità e specifico per lo sport praticato è orientato a preparare la prestazione motoria, stimolando alcune variazioni a livello neuromuscolare organico e mentale, promuovendo una gestione positiva della performance e proteggendo dagli infortuni. Senza di esso non avrebbe senso iniziare qualsiasi tipo di lavoro, mentre lo stretching potrebbe anche non essere indispensabile prima della seduta e, soprattutto se eseguito prima del riscaldamento, potrebbe essere anche compromettente.

Il riscaldamento, infatti, è fondamentale per le seguenti ragioni:

  • Aumenta la frequenza cardiaca e di conseguenza il quantitativo di sangue che affluisce ai muscoli che dovranno eseguire l’attività vera e propria;
  • Aumenta la temperatura corporea, della pelle e dei muscoli;
  • Il metabolismo diventa più efficace e veloce, perché i processi precedentemente elencati favoriscono un miglior rilascio di ossigeno ai tessuti e una maggior produzione di energia;
  • Diminuisce la viscosità del muscolo;
  • L’impulso nervoso è più veloce e quindi anche la coordinazione muscolare ne riceverà un vantaggio;
  • Migliora l’espressione della forza.

Il riscaldamento dovrebbe essere suddiviso in:

-RISCALDAMENTO GENERALE: ha lo scopo di portare a un livello elevato l’insieme delle possibilità funzionali dell’organismo, attraverso esercizi che vanno a coinvolgere i grandi gruppi muscolari (corsa…);

-RISCALDAMENTO SPECIALE: i suoi contenuti sono determinati dall’attività che si andrà poi a praticare, quindi saranno introdotti esercizi che andranno a stimolare i muscoli maggiormente coinvolti nello sport specifico.

Perché lo stretching viene sempre dopo il riscaldamento?

Perché per evitare infortuni è necessario che il muscolo riduca la sua viscosità, attraverso un maggior afflusso sanguigno nei tessuti di interesse. In questo modo, le fibre si allungheranno dolcemente e senza rompersi.

Quando introduciamo lo stretching subito dopo il riscaldamento e quindi prima della fase target della seduta di lavoro, è preferibile la modalità di stretching attivo, mentre al termine della seduta può essere eseguito anche quello passivo.

Perché è importante lo stretching al termine della seduta di allenamento?

Lo stretching fa parte del defaticamento, a cui spesso si dà scarsa importanza, ma in realtà è fondamentale, perché gli esercizi di allungamento successivi al carico forniscono un ulteriore contributo al rilassamento muscolare. Gli esercizi che caratterizzeranno questa fase dovranno sempre essere specifici in base all’attività che si è svolta in precedenza.

Come suddividere una seduta di lavoro?

  • Riscaldamento;
  • Eventualmente, a seconda del lavoro, stretching dinamico, mai statico;
  • Allenamento centrale;
  • Stretching di tipo statico.

Perché fare stretching?

Lo stretching è spesso sottovalutato e, di conseguenza, saltato da molte persone durante la propria routine di allenamento.

In realtà, lo stretching è fondamentale e dovrebbe essere inserito in ogni seduta di allenamento per i seguenti motivi:

  • Fornisce un sollievo, anche se momentaneo, ai dolori muscolari a insorgenza ritardata;
  • Favorisce un miglior ROM (range of motion) articolare;
  • Può prevenire possibili lesioni causate da gesti motori troppo ampi e svolti ad elevate velocità;
  • Può favorire la fluidità del movimento;
  • Favorisce un miglior rilassamento mentale.

Detto questo, è necessario fare una precisazione importante: come detto, lo stretching è in grado di ridurre il dolore muscolare, ma solo momentaneo. Infatti, non esistono studi che ad oggi testimoniano la sua efficacia come prevenzione contro la comparsa del dolore muscolare dopo l’allenamento.

L’abuso delle proteine e le sue conseguenze.

Tra i frequentatori delle palestre, solitamente, viene fatto un abuso dell’integrazione proteica, con lo scopo ultimo di incrementare la propria massa muscolare scheletrica in tempi brevi.

Gli studi scientifici hanno però dimostrato che assumere una quota pari a 2g/Kg di peso corporeo è totalmente inutile per incrementare la massa magra, se non addirittura compromettente per la salute.

Gli alimenti con alte percentuali di proteine possono contenere anche alte percentuali di grasso e quindi di colesterolo. Un eccesso di proteine può determinare squilibri a livello metabolico e problemi di assorbimento degli alimenti.

Le formulazioni degli integratori presenti in commercio hanno, nella maggior parte dei casi, una quantità elevata di un singolo amminoacido e questo comporterà una riduzione netta dell’assorbimento delle altre tipologie di amminoacidi essenziali, determinando paradossalmente una carenza di proteine. Inoltre, l’eccesso di proteine promuove un’elevata perdita e quindi carenza di calcio, causando l’osteoporosi, soprattutto nei soggetti di sesso femminile.

Tra gli amminoacidi più utilizzati abbiamo la creatina, la glutammina e i BCAA, che in genere non provocano reazione avverse, ma possono indurre disturbi gastrointestinali. E’ importante limitare l’assunzione a 2/3 volte a settimana in soggetti adulti, ma è sempre bene consultare il proprio medico di famiglia.

Un consiglio importante da attuare è che più proteine si assumono e più bisogna integrare l’acqua.

Una strategia che viene spesso attuata è quella di ridurre le percentuali di carboidrati in favore delle proteine, ma questo a lungo andare può solo che andare a danneggiare il fegato.

Il mio consiglio?

Non affidarsi agli integratori per cercare di incrementare la propria forza e massa muscolare, perché non ci sono certezze sulla validità di questi prodotti, ma è soprattutto questione di marketing!

Molti integratori sono costituiti da sostanze non dichiarate e pericolose come gli ormoni steroidei, perciò non c’è sicurezza e sarebbe bene curare l’alimentazione a tavola piuttosto che credere nelle farse promesse di chi desidera solo lucrare a discapito della salute delle persone.

Ipertensione arteriosa: esercizio fisico adattato.

Prima di parlare nello specifico dell’ipertensione arteriosa, bisogna capire anzitutto che cos’è la pressione arteriosa: è la forza esercitata dal sangue contro la parete delle arterie.

Nel ciclo cardiaco si alternano ritmicamente 2 fasi:

  • La sistole, (fase di contrazione e fase di gittata);
  • La diastole (fase di rilasciamento e fase di riempimento).

La sistole ha il suo inizio con la fase di contrazione, durante la quale tutte le valvole del cuore vengono chiuse. Questo meccanismo contribuisce alla fase di riempimento degli atri. Il sangue contenuto nei ventricoli non subisce alcun tipo di variazione, poiché non è comprimibile, così la pressione nel ventricoli aumenta fino a superare quella dell’aorta e dell’arteria polmonare. Dopo che la pressione dei ventricoli ha superato i valori diastolici nel tronco polmonare e nell’aorta, le valvole semilunari si aprono e ha inizio la fase di gittata, cioè quel momento in cui il flusso sanguigno viene incanalato nelle grosse arterie. Le valvole atrioventricolari, a causa dell’alta pressione, sono ancora chiuse. Durante i primi 2/3 della fase di gittata la pressione ventricolare aumenta sino a raggiungere valori massimi di ca. 130 mmHg a sinistra e 25 mmHg a destra. Normalmente i due ventricoli immettono nelle grosse arterie solo la metà del proprio contenuto, in media 70 ml, ma in caso di sforzo fisico questo valore può essere ulteriormente aumentato. Con l’espulsione del sangue si riduce anche il volume ventricolare;

La diastole ha inizio durante la fase di rilasciamento, in cui la muscolatura della parete ventricolare perde la propria tensione, la pressione dei ventricoli si abbassa al di sotto di quella presente nell’aorta o nell’arteria polmonare. Le valvole semilunari si richiudono. In questo stato, la muscolatura cardiaca è completamente rilasciata e la pressione ventricolare è inferiore rispetto a quella atriale. In questo modo, si aprono le valvole a lembi e incomincia la fase di riempimento ventricolare, che terminerà poi con una nuova sistole.

Che cos’è l’ipertensione arteriosa?

L’ipertensione arteriosa è una condizione piuttosto diffusa, soprattutto nelle società più industrializzate ed è associata a un maggior rischio cardiometabolico. Secondo il Ministero della salute, circa il 18% degli italiani soffre di ipertensione, fino a superare il 50% oltre i 74 anni di vita. Nei soggetti maschili il rischio è maggiore rispetto al sesso femminile.

A scopo preventivo e curativo, può essere utile misurare con una certa regolarità la pressione arteriosa per cercare di mantenerla entro i livelli raccomandati, attraverso l’adozione di uno stile di vita attivo, alimentazione equilibrata e assumendo specifiche terapie, laddove necessario. Questi interventi sono fondamentali per preservare la salute, poiché questa condizione rappresenta il fattore di rischio più importante per ictus, infarto del miocardio, aneurismi, arteriopatie periferiche, insufficienza renale cronica, retinopatie e malattie legate all’invecchiamento (disturbi della memoria, disabilità).

Come riconoscere l’ipertensione arteriosa?

Quando i valori pressori di sistolica e di diastolica superano i 140 mmHg (per la massima) e/o i 90 mmHg (per la minima), si parla di ipertensione arteriosa.

Infatti, una normale pressione arteriosa si attiene con una massima minore di 120 mmHg e una minima inferiore agli 80 mmHg.

L’esercizio fisico è una valida terapia?

L’esercizio fisico di tipo aerobico può essere un valido alleato sia negli individui geneticamente predisposti, che in tutte quelle condizioni di ipertensione lieve e moderata, poiché in grado di ridurre significativamente i valori pressori del sangue.

L’American College of Sport Medicine raccomanda la pratica di protocolli di allenamento di resistenza come terapia non farmacologica, poiché diversi studi hanno dimostrato che l’esercizio aerobico può ridurre di 10 mmHg i valori della pressione sistolica e diastolica, in soggetti con ipertensione essenziale moderata e secondaria a disfunzione renale.

Da non dimenticare che l’esercizio aerobico è anche in grado di controllare altri fattori di rischio cardiometabolico nei soggetti ipertesi.

Le modalità, frequenza e intensità raccomandate sono analoghe a quelle consigliate per il mantenimento del fitness cardiovascolare in adulti sani, ma a seconda del caso specifico sono consigliate anche intensità minori (dal 40-70%).

L’importante è promuovere uno stile di vita attivo, perché in questo modo ci sarà una minor incidenza di mortalità rispetto a chi abbraccia la sedentarietà. L’effetto antipertensivo dell’esercizio fisico è probabilmente collegato alla riduzione del peso e del grasso corporeo, alla modulazione del sistema nervoso simpatico e all’aumento delle sostanze vasodilatatrici circolanti. Anche l’effetto sull’iperinsulinemia secondaria e insulino-resistenza potrebbe giocare un ruolo primario in questo delicato equilibrio.

Quale protocollo di lavoro somministrare per il soggetto affetto da ipertensione?

Prima di intraprendere qualsiasi tipo di attività è fondamentale l’inquadramento effettuato dal medico specialista. L’allenamento dev’essere sempre adattato e personalizzato in base alle specifiche esigenze dell’individuo in questione, il quale dev’essere educato a percepire le sensazioni generate dell’attività (scala di Borg adattata), in quanto alcuni farmaci come i beta bloccanti stabilizzano la FC rendendo inattendibile l’utilizzo di questo parametro per valutare l’intensità dell’esercizio. Durante la pratica dell’attività prescelta è importante monitorare e registrare i valori della pressione arteriosa e della FC e, solo se necessario, la saturazione dell’ossigeno.

L’attività dev’essere immediatamente sospesa quando vengono superati i valori dei parametri vitali indicati dal medico specialista e/o compaiono sintomi di sofferenza locale o sistemica.

Bulgarian Squat: spiegazione + video dimostrativo

Il bulgarian squat o squat bulgaro è un esercizio multiarticolare, poichè va a coinvolgere l’articolazione della caviglia, del ginocchio e dell’anca.

Elenchiamo più nel dettaglio la muscolatura coinvolta:

  • Grande gluteo;
  • Piccolo gluteo;
  • Medio gluteo;
  • Quadricipite;
  • Ischiocrurali;
  • Adduttori;
  • Addominali (come stabilizzatori).

Questo gesto motorio ci permette di allenare in maniera efficace gli arti inferiori e, attraverso alcuni accorgimenti, possiamo focalizzare la nostra attenzione sui glutei o sui quadricipiti.

Come eseguirlo correttamente (vedi anche il video):

  • Portarsi alla distanza di 2 passi e mezzo dalla panca. L’altezza della panca dev’essere circa alla stessa altezza del ginocchio e deve garantirvi stabilità nel movimento;
  • FOCUS GLUTEI: dopo aver appoggiato il piede sulla panchetta, inizia la fase di discesa cercando di percepire il peso sul piede a terra, in direzione del tallone. Sempre durante la discesa, flettere il busto in avanti avendo cura di mantenere le corrette curve fisiologiche della colonna vertebrale (non ingobbirti), percependo un leggero allungamento del gluteo della gamba che sta svolgendo il lavoro. Scendi più che puoi, preservando la curva lombare;
  • FOCUS QUADRICIPITI: ridurre la distanza dalla panca. Dopo aver appoggiato il piede sulla panchetta, inizia la fase di discesa cercando di percepire il peso sul piede a terra, in direzione centrale. Sempre durante la discesa, tenere dritto il busto senza inclinarlo in avanti avendo cura di mantenere le corrette curve fisiologiche della colonna vertebrale (non ingobbirti). Scendi almeno fino al parallelo, preservando la curva lombare;
  • Sali pensando di far sprofondare il tallone nel terreno.

Piccola sfida della settimana:

Prova a effettuare 3 SERIE da 12 RIPETIZIONI per arto inferiore, con una pausa di 1 minuto al termine di ogni serie.

Buon allenamento!