Prima di parlare nello specifico dell’ipertensione arteriosa, bisogna capire anzitutto che cos’è la pressione arteriosa: è la forza esercitata dal sangue contro la parete delle arterie.
Nel ciclo cardiaco si alternano ritmicamente 2 fasi:
- La sistole, (fase di contrazione e fase di gittata);
- La diastole (fase di rilasciamento e fase di riempimento).
La sistole ha il suo inizio con la fase di contrazione, durante la quale tutte le valvole del cuore vengono chiuse. Questo meccanismo contribuisce alla fase di riempimento degli atri. Il sangue contenuto nei ventricoli non subisce alcun tipo di variazione, poiché non è comprimibile, così la pressione nel ventricoli aumenta fino a superare quella dell’aorta e dell’arteria polmonare. Dopo che la pressione dei ventricoli ha superato i valori diastolici nel tronco polmonare e nell’aorta, le valvole semilunari si aprono e ha inizio la fase di gittata, cioè quel momento in cui il flusso sanguigno viene incanalato nelle grosse arterie. Le valvole atrioventricolari, a causa dell’alta pressione, sono ancora chiuse. Durante i primi 2/3 della fase di gittata la pressione ventricolare aumenta sino a raggiungere valori massimi di ca. 130 mmHg a sinistra e 25 mmHg a destra. Normalmente i due ventricoli immettono nelle grosse arterie solo la metà del proprio contenuto, in media 70 ml, ma in caso di sforzo fisico questo valore può essere ulteriormente aumentato. Con l’espulsione del sangue si riduce anche il volume ventricolare;
La diastole ha inizio durante la fase di rilasciamento, in cui la muscolatura della parete ventricolare perde la propria tensione, la pressione dei ventricoli si abbassa al di sotto di quella presente nell’aorta o nell’arteria polmonare. Le valvole semilunari si richiudono. In questo stato, la muscolatura cardiaca è completamente rilasciata e la pressione ventricolare è inferiore rispetto a quella atriale. In questo modo, si aprono le valvole a lembi e incomincia la fase di riempimento ventricolare, che terminerà poi con una nuova sistole.
Che cos’è l’ipertensione arteriosa?
L’ipertensione arteriosa è una condizione piuttosto diffusa, soprattutto nelle società più industrializzate ed è associata a un maggior rischio cardiometabolico. Secondo il Ministero della salute, circa il 18% degli italiani soffre di ipertensione, fino a superare il 50% oltre i 74 anni di vita. Nei soggetti maschili il rischio è maggiore rispetto al sesso femminile.
A scopo preventivo e curativo, può essere utile misurare con una certa regolarità la pressione arteriosa per cercare di mantenerla entro i livelli raccomandati, attraverso l’adozione di uno stile di vita attivo, alimentazione equilibrata e assumendo specifiche terapie, laddove necessario. Questi interventi sono fondamentali per preservare la salute, poiché questa condizione rappresenta il fattore di rischio più importante per ictus, infarto del miocardio, aneurismi, arteriopatie periferiche, insufficienza renale cronica, retinopatie e malattie legate all’invecchiamento (disturbi della memoria, disabilità).
Come riconoscere l’ipertensione arteriosa?
Quando i valori pressori di sistolica e di diastolica superano i 140 mmHg (per la massima) e/o i 90 mmHg (per la minima), si parla di ipertensione arteriosa.
Infatti, una normale pressione arteriosa si attiene con una massima minore di 120 mmHg e una minima inferiore agli 80 mmHg.
L’esercizio fisico è una valida terapia?
L’esercizio fisico di tipo aerobico può essere un valido alleato sia negli individui geneticamente predisposti, che in tutte quelle condizioni di ipertensione lieve e moderata, poiché in grado di ridurre significativamente i valori pressori del sangue.
L’American College of Sport Medicine raccomanda la pratica di protocolli di allenamento di resistenza come terapia non farmacologica, poiché diversi studi hanno dimostrato che l’esercizio aerobico può ridurre di 10 mmHg i valori della pressione sistolica e diastolica, in soggetti con ipertensione essenziale moderata e secondaria a disfunzione renale.
Da non dimenticare che l’esercizio aerobico è anche in grado di controllare altri fattori di rischio cardiometabolico nei soggetti ipertesi.
Le modalità, frequenza e intensità raccomandate sono analoghe a quelle consigliate per il mantenimento del fitness cardiovascolare in adulti sani, ma a seconda del caso specifico sono consigliate anche intensità minori (dal 40-70%).
L’importante è promuovere uno stile di vita attivo, perché in questo modo ci sarà una minor incidenza di mortalità rispetto a chi abbraccia la sedentarietà. L’effetto antipertensivo dell’esercizio fisico è probabilmente collegato alla riduzione del peso e del grasso corporeo, alla modulazione del sistema nervoso simpatico e all’aumento delle sostanze vasodilatatrici circolanti. Anche l’effetto sull’iperinsulinemia secondaria e insulino-resistenza potrebbe giocare un ruolo primario in questo delicato equilibrio.
Quale protocollo di lavoro somministrare per il soggetto affetto da ipertensione?
Prima di intraprendere qualsiasi tipo di attività è fondamentale l’inquadramento effettuato dal medico specialista. L’allenamento dev’essere sempre adattato e personalizzato in base alle specifiche esigenze dell’individuo in questione, il quale dev’essere educato a percepire le sensazioni generate dell’attività (scala di Borg adattata), in quanto alcuni farmaci come i beta bloccanti stabilizzano la FC rendendo inattendibile l’utilizzo di questo parametro per valutare l’intensità dell’esercizio. Durante la pratica dell’attività prescelta è importante monitorare e registrare i valori della pressione arteriosa e della FC e, solo se necessario, la saturazione dell’ossigeno.
L’attività dev’essere immediatamente sospesa quando vengono superati i valori dei parametri vitali indicati dal medico specialista e/o compaiono sintomi di sofferenza locale o sistemica.